Quali effetti avrà il Trattato Italia-Francia? Parla Darnis

Il Trattato italo-francese per una cooperazione bilaterale rafforzata, o Trattato del Quirinale, che sarà firmato nei prossimi giorni, è oggetto di interesse da parte del mondo della ricerca e delle analisi politiche.

“Per le relazioni italo-francesi, il biennio 2017-2019 è stato difficile, e non a caso già nel 2017 è emersa la necessità di un Trattato, anche come affrontare i problemi comuni”,  dice Jean-Pierre Darnis, professore associato all’Université Côte d’Azur (Nizza), ricercatore alla FRS Parigi, insegna anche alla Luiss di Roma, in una conversazione con Start Magazine: “Di fronte a fatti concreti, come il mancato arrivo di Fincantieri a Saint-Nazaire, o il caso libico, un Trattato è parso un modo per capirsi e collaborare. L’idea è stata poi accantonata durante il periodo populista del governo Conte 1, segnato dalla contrapposizione tra il presidente Emmanuel Macron e il ministro degli Interni Matteo Salvini”.

Le tensioni avevano persino condotto al richiamo dell’ambasciatore francese in Italia. Come hanno fatto a superarle fino ad arrivare a un Trattato?

Il governo Conte 2 ha iniziato la normalizzazione dei rapporti, tanto che nel novembre del 2020 furono ripresi i lavori di redazione. Il contesto cambiava: i rapporti anche durante la crisi Covid erano buoni, la nascita del Recovery Plan con il Consiglio europeo del luglio 2020 è stata una scelta molto positiva per l’Italia, sostenuta dalla presa di posizione francese.

Che cosa è cambiato con Draghi a Palazzo Chigi?

L’arrivo di Mario Draghi al governo nel 2021 ha poi ulteriormente migliorato il clima con Parigi. Il nuovo presidente del Consiglio ha portato con sé prestigio e autorevolezza e conosce le posizioni francesi, con cui era spesso in sintonia anche da presidente della BCE.

Quali ostacoli sono stati dunque superati?

In questo contesto di ulteriore fiducia e autorevolezza, la Francia ha superato anche l’ultimo ostacolo giuridico riguardo al gruppo di condannati per terrorismo rifugiati oltralpe. È un ulteriore tassello nei buoni rapporti. Il completamento di quest’ultima parte della procedura era atteso dalle autorità italiane, per quanto gli effetti saranno poi moderati dalla stessa condizione delle persone perseguite, per la loro età e condizione specifica.

Quali altri fattori di accelerazione ci sono stati?

Così, durante l’estate e l’autunno si è assistito ad una ulteriore accelerazione. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato pubblicamente del Trattato nel discorso alla Sorbona del 5 luglio scorso. Il Presidente Emmanuel Macron e il Presidente Mario Draghi si sono espressi a favore della conclusione del documento nella cena di lavoro di Marsiglia del 2 settembre.  Abbiamo assistito a un forte impulso politico che ha permesso di concludere la redazione del Trattato e di arrivare alla firma.

Cosa contiene il Trattato? Quali sono le somiglianze con il Trattato franco-tedesco di Aquisgrana?

Da parte francese, l’idea iniziale del Trattato era di individuare un meccanismo per rimediare alle difficoltà delle relazioni bilaterali, anche prendendo spunto dalle esperienze riuscite dalla cooperazione franco-tedesca. Si è tuttavia inteso che il Trattato italo-francese non si seguirà lo schema dei Trattati dell’Eliseo e di Aquisgrana. Non ci saranno automatismi, né scambi strutturati per gli alti dirigenti. Ci sarà un vertice bilaterale rinforzato, ma meno robusto di quello franco-tedesco.

Che cosa cambierà con il Trattato?

Il Trattato del Quirinale ha generato molte aspettative, più di quante ne percepiscano gli stessi nostri governi. Esiste una comunità economica italo-francese importante, ci sono interessi nelle zone di frontiera ma ancora più nelle aree economiche principali. Il Trattato è percepito come un’occasione di sviluppo, come strumento di facilitazione messo in campo dai propri governi. Nei settori della tecnologia, della manifattura, del lusso o degli investimenti, le aziende ne vedono il valore aggiunto. Ci sono competenze da valorizzare e opportunità da trasformare in risultati, persone di grande profilo che crescono nelle diverse filiere. C’è gente che ha voglia di fare e che si aspetta che i governi creino contesti funzionali a queste opportunità economiche, invece di produrre crisi. Inoltre, per quanto sia data per contata, va riconosciuta la grande vicinanza culturale tra italiani e francesi, le similitudini e le comuni abitudini sono fortissime, luoghi interi, per esempio nella provincia francese e italiana, si assomigliano molto.

Il Trattato avrà un effetto sulle relazioni con la Germania?

Il rapporto francese con la Germania resterà più intenso anche perché le istituzioni comuni sono più robuste. Sono forme di collaborazione che per il momento non appaiono nel dispositivo italo-francese. Come è noto, la Francia costruisce la sua politica europea muovendo da una preliminare mediazione con la Germania, con una ricerca costante di compromesso e di soluzioni, prima di arrivare a Bruxelles.

Che cosa cambierà per l’Italia?

Credo che la mediazione con l’Italia rafforzerà entrambi i Paesi e la qualità del dibattito europeo. Ciò comporterà maggiore responsabilità su diversi dossier da parte dell’Italia, che si troverà a difendere meglio le proprie legittime aspettative. Dovrà partecipare con strumenti più robusti, dovrà in parte superare una cultura un po’ antica, affrontare una modernizzazione sia dei riferimenti culturali sia dei modi. Le persone in Italia sono ottime, di grande preparazione e intelligenza, l’evoluzione culturale e amministrativa nel modo di lavorare insieme le valorizzeranno ancora di più. Credo che da parte francese si sarà veramente contenti di trovare della gente che argomenta e sta sul pezzo, di avere un confronto sfidante e utile per tutti.

in Start Magazine 20 novembre 2021

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