Chiacchiere e distintivo

Ci prepariamo a discutere il bilancio regionale, e ci arriviamo preoccupati e doloranti. Alle spalle c’è una lunga serie di asili chiusi e Capodanni tagliati, ma anche di conferme ai più fortunati, dallo splendido negozietto valdostano a Parigi fino a Vallée d’Aoste Structures, che ha appena incamerato altri 27 immobili. In una lettera di risposta al suo predecessore, Fulvio Centoz, sindaco di Aosta, si è lasciato scappare che in Regione vi sono “sedicenti autonomisti”.

Sono parole che giungono proprio mentre la pressione sull’autonomia è forte e poco resistibile. La riforma dello Statuto speciale si è persa di vista, e ora naviga in sconosciute acque nazionali. Gli emendamenti del senatore Albert  Lanièce alla finanziaria statale su accise e bilancio in pareggio sono state rigettate dal governo nazionale con il dorso della mano.

Va anche peggio nelle faccende quotidiane. Il 17 novembre la Camera dei deputati ha approvato un disegno di legge su appalti e concessioni, che in un comma cancella l’attuale competenza regionale nella materia. Una ventina di anni fa, avremmo letto infuocati comunicati stampa: oggi nulla, silenzio assoluto. D’altra parte in un atto consiliare gli uffici hanno scritto che il francese è “lingua straniera” mentre Ferrovie, Anas e alcuni Comuni trascurano l’ortografia e quindi la toponomastica dei luoghi, senza che vi sia reazione. I “costi standard” sono applicati in modo automatico, malgrado decenni di studi (da Janin in qua) sulle specificità della Valle. Si tratta di un’abdicazione rassegnata di una classe politica indebolita, con una tendenza alla delegittimazione, come nel recente caso dei vitalizi per gli ex-consiglieri.

Altrove è andata anche peggio e la gente si è da tempo staccata dalla politica. Da noi controllo sociale e partecipazione rimangono ancora alti, anche se la Valle par guidata da gattini ciechi. A volte sembrano riaprire gli occhi: superando le polemiche, il Consiglio regionale ha proposto al Comune di Aosta di far fronte comune sull’autonomia. Forse è la solita fuffa, prodotta da “sedicenti autonomisti”, tutti “chiacchiere e distintivo”, e non già un segnale di ripartenza. Eppure, dopo anni di declino, questo fronte comune potrebbe spingere i partiti a cercare consenso sulle proposte e non sugli interessi, potrebbe  imporre all’amministrazione di tornare a una funzione di servizio, e favorire un dibattito sulle priorità collettive, oggi nascoste sotto macerie di interessi settoriali e materiali.
Gazzetta Matin, 30 novembre 2015

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