“Il nuovo Trattato sarà un ottimo esercizio per entrambi i Paesi, per la Francia e per l’Italia”.
Parola di Jean-Pierre Darnis, professore associato all’Université Côte d’Azur (Nizza), ricercatore alla FRS Parigi, insegna anche alla Luiss di Roma, in una conversazione con Start Magazine.
Che cosa ha notato durante la firma del Trattato del Quirinale?
Ho assistito alla conferenza stampa e si percepiva il clima di forte amicizia e di condivisione, di vicinanza, persino con qualche passaggio letterario del presidente Emmanuel Macron che è stato di grande emozione e per nulla formale, a sottolineare la profondità della relazione.
Qual è il verso senso della firma?
Un trattato inizialmente pensato come occasione di riconciliazione e di stabilizzazione dopo le difficoltà vissute tra il 2017 e il 2019 si è trasformato in un’occasione di valore aggiunto per entrambi i Paesi. Avrà anche contato l’attuale ciclo politico, l’ottima relazione tra i Presidenti Sergio Mattarella, Emmanuel Macron e Mario Draghi, ma il risultato è notevole in se stesso, con meccanismi interessanti di governance comune sulla difesa, sull’economia, sullo sviluppo.
Quale tra questi le sembra di speciale interesse?
Per esempio l’articolo 3, persino inaspettato, che prevede che tre volte all’anno un ministro italiano sia presente al Consiglio dei ministri francese e viceversa. Non è soltanto un elemento simbolico perché crea concretamente delle condizioni di dialogo, uno spazio di comprensione e di conoscenza, sia del procedimento con cui si lavora, sia dei ministri dell’altro Paese. Quando ci si muove in Europa, la familiarità delle relazioni e la chiarezza delle idee anche per il confronto che si è già svolto migliorano le capacità di entrambi i Paesi. Possono fare meglio, portare contributi più forti e utili. Vedere come funziona l’altro Consiglio dei ministri aiuta anche a formularne un giudizio dall’esterno, la conoscenza reciproca è un esercizio utile per tutti.
Che cosa caratterizza il Trattato?
Il Trattato permetterà di confrontarsi sulle posizioni reciproche, anche sui dossier per l’estero, come sulla difesa. Viene costituito un comitato di cooperazione transfrontaliera, con la chiara volontà di alzare il profilo sui territori di confine, con i temi delle migrazioni, dei trasporti, dello sviluppo economico, della cultura e dell’educazione, dell’ambiente, della salute e della qualità della vita.
Anche nell’industria quindi, su cui si erano già visti i ministri Giancarlo Giorgetti e Bruno le Maire.
L’ irrobustimento è ancora più importante negli strumenti di cooperazione su economica, sviluppo e industria: è previsto un forum economico e industriale che sarà sostenuto dalle strutture e dalla dirigenza della pubblica amministrazione, Viene indicata la necessità di rafforzare la cooperazione tra Confindustria e Medef, tra Cassa Depositi e Prestiti e l’omologa francese Caisse des Dépôts. C’è uno scenario di cooperazione sui semiconduttori, sull’idrogeno. C’è un capitolo sullo spazio in cui è già annunciato un ulteriore accordo tra Italia e Francia.
Il sentire italiano è però spesso preoccupato per la presenza francese nelle imprese della Penisola.
Sul Trattato sono venuti apprezzamenti positivi anche dalla Lega, che è ben collegata alla galassia economica del nord Italia, che giustamente ne vede i benefici per lo sviluppo. La relazione della manifattura italiana con l’automotive tedesco è molto forte, ma è oggi esposta a trasformazioni di cui non si misura ancora la portata, per l’elettrico e le batterie, per i cambiamenti tecnologici e delle modalità di trasporto. Attualmente l’interscambio con la Francia è a favore dell’Italia, ma soprattutto esiste una complementarietà che è ricca di possibili occasioni di crescita. La Francia non ha la flessibilità e dinamicità della struttura delle piccole e medie imprese italiane. Dispone di grandi gruppi aperti al sistema globale e di un recente sviluppo di start up nel Tech. Sono reciprocità che possono aiutarsi. L’alta velocità Parigi-Lione-Torino-Milano-Venezia attraversa un grande ecosistema economico, o almeno in due grandi ecosistemi che possono crescere molto insieme.
Però assistiamo ancora in questi giorni al dibattito sul controllo in TIM, e pesano ancora i ricordi su Fincantieri a Saint-Nazaire.
Oggi l’aeroporto di Nizza è in mani italiane, e credo che ci vorrebbero ancora più investimenti italiani in Francia. Penso che il Trattato sia la cornice e uno strumento di conoscenza reciproca che consentirà, in futuro, di gestire con beneficio di tutti nuovi casi come quelli passati di Enel o Fincantieri, perché ci si parlerà prima di prendere decisioni di interesse comune. Il nuovo Trattato sarà un ottimo esercizio per entrambi i Paesi, per la Francia e per l’Italia.
in Start Magazine 28 novembre 2021