(16 marzo 2020)
Il giorno dopo le elezioni, la Francia è come sospesa. I risultati non sono l’argomento principale, domina il Coronavirus. Come è avvenuto in Italia, siamo allo sbalordimento generale, tra voci discordanti, ultime azioni di minimizzazione e misure via via più stringenti.
Domenica alcuni dei sindaci sono stati eletti al primo turno, tra cui tre ministri, Gérald Darmanin, Sébastien Lecornu et Franck Riester, quest’ultimo, in carico alla cultura, positivo. A Parigi la socialista Anne Hidalgo è in testa per il secondo turno. I verdi, che avevano Grenoble, crescono e sono in buona posizione di diverse altre città, come Lione. La polarizzazione antisistema contro il macronismo si articola su un nuovo versante. Dai sovranisti del Rassemblement National di Marine Le Pen, dai gilets jaunes, dall’estrema sinistra anti-sistema, si distingue un soggetto politico focalizzato sul cambiamento climatico e sui diritti.
Per Macron, che pure vede il suo movimento La République en Marche sotto pressione, è uno scenario più frammentato, meno ostile, migliore per contenuti. Il difficile dibattito sulla riforma delle pensioni e sull’economia cessa di essere poi un problema, stravolto com’è dalla crisi economica.
Il tasso di astensione ha raggiunto il 53%. I partiti di opposizione, che alla vigilia hanno richiesto il voto nelle riunioni in cui si evocava la possibilità di sospenderle, ora ne attribuiscono la paternità a Macron. Se si tratta di una trappola, la responsabilità è scaricata sugli esperti, che martedì dovrebbero esprimersi sul secondo turno. Il voto si è svolto in un clima surreale tra distanziamenti, gel per le mani (che manca ai medici di famiglia) e penne monouso.
Da domenica è quasi tutto chiuso. I caffè erano pieni e le passeggiate affollate al sabato, come in Italia una settimana prima, con le code agli impianti di sci e gli aperitivi sui Navigli. Se il ritardo francese rispetto all’Italia è di nove giorni, le misure vengono adottate forse con uno-due giorni d’anticipo. Tuttavia, a Mulhouse e lungo il Reno, dove i casi sono più numerosi, la pressione sul sistema sanitario è già forte, così come la preoccupazione di non avere abbastanza respiratori e letti per le cure intensive. La mancanza di mascherine in Francia non è così diversa dall’Italia: anche se sono stati formati degli stock se ne lamenta la scarsità presso i medici di famiglia. L’accelerazione organizzativa esiste, ma è criticata. La chiusura delle frontiere tedesche è spiegata come frutto di un dialogo bilaterale.
Le Monde ha dato notizia degli scenari tecnici, che dicono abbiano allarmato l’Eliseo il 13 marzo, simili a quelli che devono essere circolati in Italia, una decina di giorni fa: senza misure di contenimento, da 300 mila a mezzo milione di morti, da 30 mila a 100 mila letti di cure intensive, cioè numeri assolutamente insostenibili. L’azione di comunicazione – anche qui affiancata da segnali di speranza e di affidabilità del sistema — ha colto l’occasione per rafforzare il consenso sulle misure restrittive del governo di Édouard Philippe, che tra l’altro cerca di contenere la diffusione nazionale riducendo i treni a lunga percorrenza, con anticipo di giorni sul nostro caso. C’è chi va nelle seconde case o nelle terre d’origine, ma sembra un fenomeno più limitato di quello italiano verso sud, al mare e in montagna e di quello spagnolo, con le fughe a Murcia e Valencia. La durata è stimata in dieci settimane, con picco alla sesta, la prima conclusione a metà maggio e una crisi economico-sanitaria di molti mesi.
È un clima di sospensione, pieno di domande: per questo Emmanuel Macron dovrà pronunciare un nuovo discorso televisivo, questa sera alle 20.
su Start Magazine del 16 marzo