Di Massimo Lévêque e delle cose fatte

Massimo Lévêque, l'autonomia al bivio, il suo libro del 1992

Massimo Lévêque se ne è andato in un lampo. Tra le tante cose successe, molte se ne possono ricordare, ma certamente un pensiero va portato al 1992-1993, quando il governo di Ilario Lanivi chiudeva la breve parentesi del governo Milanesio-Bondaz, una sorta di nuovo percorso nell’epoca di Mani pulite. Massimo era capo di gabinetto ed io capo ufficio stampa, entrambi poco più che trentenni. Quel semplice anno ha lasciato una traccia profonda.

Fu deciso allora di acquisire i terreni della Cogne, un’operazione che salvò l’azienda, mentre si sviluppava un suo nuovo orientamento verso gli acciai speciali e la fine della sua dimensione pubblica.

Si acquisirono alla Regione le sue centrali elettriche, dando vita alla Compagnie valdôtaine des eaux, che diventerà poi la CVA con il resto delle centrali.

Si fermò anche un assalto alla società degli impianti di La Thuile, in anni in cui c’erano molte ombre, forse più di quelle di oggi, pur numerose.

Nel difficile dibattito del 1992-1993, Massimo scrisse un appunto che articolava i fatti in modo cronologico. Era così limpido e chiaro che permetteva di sgomberare il campo da obiezioni e critiche, e di procedere.

Nel suo insieme, quel passaggio fece comprendere che le società degli impianti, in tutta Valle, contribuivano allo sviluppo economico in modo strategico e che ci voleva una loro gestione manageriale per quanto possibile indipendente, anche se pubblica. Come primo caso, gli impianti di La Thuile furono acquisiti da Finaosta.

Passò negli anni successivi la Compagnie des Alpes a Courmayeur. Offrì un ulteriore elemento di convincimento: furono le basi per l’attuale sistema delle società degli impianti di risalita, con una loro prevalente indipendenza gestionale, controllate a distanza da Finaosta e di proprietà regionale.

Massimo ha partecipato alla costruzione di questi tre grandi processi di cambiamento, sulla Cogne, sulle centrali idroelettriche e sulle società degli impianti di risalita. Sono scelte che durano ancora oggi, dopo più di trent’anni.  Sono fatti acquisiti nel sentire della comunità valdostana.

Il parroco di Sant’Orso, don Aldo, nella sera del rosario, ha ricordato giustamente il peso della vita. Per alleviarlo, noi possiamo dire anche delle cose fatte, di quelle in cui c’era Massimo, che sono per tutti e per la Valle d’Aosta.

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