A scuola di domani

Maneggiare il tema della scuola è difficile, per quanto della massima importanza. Nel suo libro recente, Cesare Dujany racconta come nei primi anni (o decenni) dell’autonomia l’Assessorato alla pubblica istruzione sia stato quello tra i più importanti da assegnare. Pochi giorni fa il Salone di Palazzo regionale è stato intitolato a Maria Ida Viglino, insegnante di matematica e assessore. Tutti noi siamo stati a scuola: ma soprattutto abbiamo a che fare con persone che della loro esperienza a scuola portano ancora con sé pregi e difetti.

Il Consiglio Valle ha invitato con una mozione l’Assessorato a darsi una mossa, di fronte all’iniziativa presa da Matteo Renzi con la “Buona Scuola”. La nostra autonomia ha fino ad ora prodotto poco, con faticosi tentativi d’innovazione oppure iniziative spesso scoraggiate dal mondo freddo della politica e degli insegnanti.

Certo, a confrontarsi con l’Italia, la scuola valdostana non sembra meritare interventi specifici. Eppure ci sono segnali d’insufficienza, e variamente rappresentati: diverse famiglie cercano di integrare la formazione con corsi di lingua all’estero oppure con Intercultura, o con esperienze lavorative. Al Lycée René Dayve di Passy si è quasi formata una piccola colonia di studenti in fuga dalla Valle, altri sono finiti a Valbonne. Anche i numeri sono sconfortanti: gli abbandoni scolastici in Valle sono superiori persino alla media italiana, il numero di laureati troppo basso rispetto agli standard europei.

La reazione di un certo numero d’insegnanti al cambiamento partito da Roma è stato di rumorosa chiusura, con argomenti che circolano soltanto all’interno della loro corporazione e lasciano freddi molti di noi.  Per quanto fondati, essi esprimono paure, questioni di assunzioni e trasferimenti, e molta retorica nazionale, figlia dell’assemblearismo italiano degli anni Settanta che ancora sfianca in riunioni lo spirito positivo di molti educatori.

Da subito occorre invece una visione più ampia, perché a scuola vanno coloro che affronteranno le sfide della Valle d’Aosta di domani. E’ una faccenda che riguarda tutti noi e tutta la Valle, e non soltanto qualche migliaio di persone, da regolare con denaro e posti sicuri. E’ forse il primo messaggio che ci si attende dalla politica: usare i margini dell’autonomia per migliorare la scuola e per preparare il futuro, e non già per difendere fortini vecchiotti e arroccati.

Gazzetta Matin, 1° giugno 2015

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