Ecco chi frenerà Vivendi di Bolloré su Tim

Se nei confronti di Vincent Bolloré fosse in corso un’operazione di “containement”, anche le analisi su Tim dovrebbero tenerne conto, oltre ai versanti economico, finanziario e industriale. I segnali ci sono, anche se il quadro non è del tutto chiaro.

La narrazione dice che Bolloré intende costruire un gruppo media e telecomunicazioni nel sud Europa. Secondo Le Monde, Emmanuel Macron avrebbe invece apostrofato il patron di Vivendi con un “ma insomma, basta, vi comprate tutto!”. E in quest’espressione non c’è soltanto un tema finanziario, ma anche uno politico.

Per esempio, l’ultima notizia riguarda la sua offerta di acquisire persino Le Figaro, di proprietà della famiglia Dassault, che l’ha gentilmente respinta (gruppo intorno a 11 mld di fatturato, patrimonio familiare ai 23,8 mld nel 2018).

Bolloré trova sempre concorrenti agguerriti

Come d’incanto, anche Bernard Arnault, proprietario di Le Parisien-Les Echos, aveva fatto un’offerta parallela (patrimonio in attivi a 164 mld, il gruppo LVHM fattura circa 44,6 mld). Appena si muove Bolloré, c’è qualcuno di grande e grosso che agisce, con una parata di scherma, di contenimento. Era andata in questo modo anche l’acquisizione del secondo gruppo media privato in Francia, M6, in cessione dalla tedesca Bertelsmann. Vivendi-Bolloré si era fatto avanti, ma l’ha poi agguantata la televisione ammiraglia privata TF1 del gruppo Bouygues(fatturato 34,7 mld nel 2020). Nicolas Sarkozy avrebbe persino detto che il presidente Emmanuel Macron sarebbe intervenuto presso Angela Merkel per impedirne il passaggio a Bolloré.

Anche in Spagna e in Italia

E poi c’è l’estero, la Spagna e l’Italia. Vincent Bolloré, “todopoderoso y temido empresario francés” in queste settimane lavora in Spagna per comprare El País (il gruppo Prisa) salendo fino al 9,9% delle quote, con la volontà di arrivare al 29,9%, ma trovandosi di fronte Amber Capital, fondo attivista che non vuole cedere il suo 29,83%. Amber e Vivendi si erano già duramente confrontati sul controllo del gruppo Lagardère (Journal du DimancheEurope1Paris Match) in cui Bolloré aveva prevalso. In Italia poi c’è stato il caso Mediaset, con un duro scontro arrivato sino al tribunale.

Capitolo Tim

E poi Tim. Bolloré-Vivendi l’aveva conquistata nel 2015 ma il fondo Elliot l’aveva scalzato in assemblea il 4 maggio 2019, per poi trovare una quiete armata, e Luigi Gubitosi amministratore delegato e direttore generale. Appena la tensione è risalita con un nuovo attivismo di Vivendi e nuove critiche alla gestione, ecco arrivare il fondo americano KKR. Non c’è pace per il “predatore educato” bretone, l’Italia non è un lungo fiume tranquillo, come evocava Les Echos. In ogni caso, in Italia, Spagna, Francia, c’è sempre un soggetto si oppone a Vivendi-Bolloré, in battaglie asperrime.

Bolloré promotore dell’estrema destra

Non è soltanto questione finanziaria, in cui contenere un imprenditore condottiero e disinvolto. Va considerata anche la componente politica.

La vecchia iTélé trasformata da Bolloré in CNews è diventata una specie di Fox News alla francese (dice il New York Times), ed è stata il trampolino di lancio sia del polemista Eric Zemmour sia di un’ondata di argomenti di estrema destra.

Colei che editava i libri di Zemmour presso Albin Michel, Lise Boëll, è diventata nientedimeno che direttrice di Plon (con gran scandalo culturale), casa editrice che fa parte del gruppo Editis controllato da Bolloré, che controlla anche la mitica Hachette. Lo stesso Zemmour vede a pranzo ogni mese Vincent Bolloré, i due si telefonano con continuità. Arnaud de Puyfontaine, presidente del direttorio di Vivendi, secondo Le Monde avrebbe detto che “bisogna mettere più Zemmour” nella campagna Xavier Bertrand alle primarie di Les Républicains, cioè spostando i contenuti ancora più a destra.

Effettivamente quei temi hanno riscosso simpatie presso vari leader, come Eric Ciotti. In vista delle primarie del 4 dicembre diversi candidati hanno sostenuto il primato del diritto nazionale francese su quello europeo: persino l’eroe del negoziato Brexit, Michel Barnier, al pari di un sovranista polacco e lasciando tutti basiti. Infine ci sono le scelte politiche negli allontanamenti di direttori e giornalisti in Europe 1, e in altre testate, come nel caso di Hervé Gattegno dalla guida del Journal du Dimanche.

Il contenimento di Zemmour e del Bolloré politico

In questi giorni si registra però un contenimento anche in questo ambito. Eric Zemmour è andato avanti per la sua strada, con un’interpretazione più nazionalista di De Gaulle che ha provocato diverse reazioni, sia riscoprendo il maresciallo Pétain, con reazioni ancora più forti. Non ha trovato nessuno ad accoglierlo nella visita nel Regno Unito il 19 novembre, neppure un brexiteer o populista conosciuto, né sale disponibili nella svizzera Ginevra o in altre città francesi: una “persona non grata”.

Marine Le Pen ha invitato Zemmour a raggiungere il suo campo. Il 30 novembre, il più importante tra i candidati alle primarie di Les Républicains del 4 dicembre, Xavier Bertrand ha detto di essere un “candidato repubblicano”, scaricando i simpatizzanti di Zemmour nel suo partito. Nel linguaggio politico francese significa tracciare una linea rossa tra lui e Zemmour (e Marine Le Pen), riposizionare almeno in parte Les Républicains sulla vecchia linea di Chirac.

In Italia, la musica è la stessa: Enrico Letta, dal governativo PD, si è schierato con KKR. Parlando non di politica ma di TIM, ha detto che Bolloré “non è un finanziere come gli altri, ma il principale sostenitore di Eric Zemmour”. Ovviamente Matteo Salvini si è detto invece contrario all’operazione KKR, a tutela degli “interessi nazionali”, sebbene Bolloré il francese sia appunto già a bordo.

Tim e il peso di Niel con Iliad

TIM non è soltanto una questione nazionale italiana, neppure soltanto europea. Siamo nei sei mesi che precedono le elezioni presidenziali francesi, ancora più delicati del nostro cosiddetto semestre bianco. I gilet gialli non sono ancora scomparsi dai radar, la rabbia cova sempre nel Paese. C’è un problema di destabilizzazione in tutta Europa, a est alle frontiere della Bielorussia o nei territori occupati dell’Ucraina, o in Bulgaria o nel traballante governo montenegrino, ma anche in Africa mediterranea o del Sahel, tra Turchia, Cina e Russia. La destra estrema e “non-repubblicana” francese ha già espresso simpatie filo-russe.

Per Mattieu Bailly, di Octo Asset Management, l’affare finanziario Tim per Kkr alla fine è piuttosto intricato, e sconsiglia agli investitori di collocarci denaro: azionisti che bisticciano, indebitamento elevato, problemi con lo scorporo della rete se la Commissione europea non è d’accordo, incertezza sulla golden share statale. Di apparente facile gestione restano solo i pezzi brasiliani.

Ma se davvero non c’è poi questo grande business ma piuttosto una grande grana, allora si nota che il fondo statunitense Kkr, oltre alla dimensione finanziaria, presenta figure di primo piano, tra cui il generale David Paetreus (KKR partner e presidente del KKR Global Institute), il quale può anche non avere più relazioni con l’ambiente della sicurezza militare o la Cia che allora diresse, ma resta un personaggio atlantico.

Nel consiglio di amministrazione di KKR, dal 1° marzo 2018 e come indipendente, c’è anche Xavier Niel. Quest’altro finanziere ha scombussolato il mercato del mobile italiano con Iliad, con abbonamenti a prezzi stracciati, come la sua Free francese. Ha già provato a competere con Bollorè-Vivendi nell’azionariato TIM nel 2015, costretto però alla ritirata, lasciando sul campo 200 milioni. È un avversario di Bolloré, ha battagliato anche durante la cessione di M6 da parte di Bertelsmann, detiene abbastanza azioni di Le Monde da impedirne la conquista.

Significative anche le parole di un politico di certo in solidi rapporti con la Francia, come il segretario del Pd, Enrico Letta:  “La preoccupazione per una Tim in mano a stranieri – ha detto Letta, come riporta l’agenzia Agi – deve essere a tutto tondo. Non è un finanziere come gli altri, ma il principale sostenitore di Erich Zemmour, che è divenuto protagonista nella politica francese con un profilo inquietante. In Vivendi, mi domando, come convivono con questo conflitto di interessi? Bolloré cosa vuole dall’Italia? È più che un sostenitore di Zemmour: ha creato una televisione il cui principale protagonista è lui”.

Ora potrebbe aggiungersi di nuovo alla partita di Tim, forse in attesa che Kkr, nei prossimi cinque anni, lasci la zona a imprenditori del settore. Secondo BFM TV,  Xavier Niel prima passa dal mobile, e poi cerca di mettere un piede nella rete fissa.

in Start Magazine 1 dicembre 2021

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