Dichiarazioni di intenti, la tempistica sui principali dossier, le rassicurazioni di Merkel e Hollande, gli sbuffi di Renzi (su Formiche, 17 settembre 2016)
A Bratislava, i 27 capi di Stato e di governo hanno dato l’immagine rassicurante e abbastanza determinata a cui tendeva il lavoro preparatorio di queste settimane – guidato dal tandem franco-tedesco con il sostegno di Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, con vari tour di capitali e incontri di presidenti e ministri. Il documento finale è un calendario di lavoro di sei mesi, fino a marzo 2016, rivolto a contenere e contrastare le forze destabilizzatrici interne ed esterne all’Unione: minacce militari e di sicurezza a est e a sud, migrazioni comprese, minacce di sicurezza interne, in particolare terrorismo ma anche crisi politiche dei singoli Paesi, minacce all’equilibrio sociale, economico e finanziario. E’ un testo generale, con pochi dettagli e con obiettivi puntuali, che fanno riferimento a processi e atti già in corso.
Le tappe sono ravvicinate: Consiglio europeo a ottobre, poi quello a dicembre, poi l’incontro di marzo 2016 a Roma, in occasione dei 60 anni dai Trattati. La coesione a Bratislava è stata buona: i Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia) hanno prodotto anche un loro testo, con accenti neo-nazionali ma anche rafforzativa della Dichiarazione comune, il dissenso a sorpresa di Matteo Renzi nelle dichiarazioni alla stampa è stato un caso percepito come isolato e risolvibile, almeno per il momento.
PRODURRE RISULTATI
I 27 Paesi membri escono da Bratislava con l’idea di produrre risultati concreti in tempi rapidi, come modalità di coesione politica e come risposta a sfide presenti e concrete, di farlo con “linguaggio chiaro e onesto” e con decisioni dotate di maggiore comprensibilità. I capitoli sono quelli noti: migrazioni, sicurezza interna, sicurezza esterna, sviluppo economico (QUI l’approfondimento di Formiche.net). Si tratterà allora per esempio di attuare a breve il PNR per i passeggeri aerei e il sistema ETIAS per accedere al territorio dell’Unione, sostanzialmente contenere gli immigrati (barriera in Bulgaria per esempio), intervenire nei Paesi terzi con aiuti, mettere in funzione la guardia costiera e di confine entro fine anno, di attuare entro dicembre la collaborazione con la Nato e l’estensione degli investimenti EFSI (Piano Juncker), attualmente previsti a 315 miliardi. La Dichiarazione fa la sintesi soltanto generale di decisioni in preparazione e già in corso, come nell’ultimo l’Ecofin informale del 9 settembre 2016 (QUI l’approfondimenti diFormiche.net).
LE DIFFERENZE
Le parole di Bratislava sono in qualche caso più sfumate rispetto ai lavori preparatori: non si parla di raddoppio degli investimenti EFSI ma di “estensione”, la parte sulla sicurezza esterna è generale e per obiettivi, ma nel contempo apre l’ipotesi di gruppi di Paesi a integrazione rafforzata, non vi è traccia delle risorse proprie dell’Unione né delle dimensioni del bilancio per difesa e investimenti. Non si parla di equilibrio tra surplus di alcuni Paesi (cioè la Germania) e deficit di altri, così come quello della redistribuzione dei migranti. Su questi due punti Matteo Renzi ha messo l’accento, al momento senza conforto di altri colleghi, nella sua conferenza stampa finale, e va notato che non ha avuto spazio neppure il tema a lui caro della formazione culturale all’Europa per i giovani.
D’altra parte nella Dichiarazione finale non vi è accenno né al ruolo dei parlamenti nazionali né a quello del rafforzamento democratico: il richiamo si trova allora nella contemporanea dichiarazione dei quattro Paesi di Visegrad, che peraltro ha anche dettagliato vari aspetti sulla sicurezza esterna e sulla difesa.
LE PAROLE DI RENZI
Ecco le critiche di Renzi sui temi dell’immigrazione e dell’economia. “La soluzione individuata al vertice di Malta è rimasta lettera morta”, ha detto il premier italiano. “Non è che si può pensare che risolto il problema della Turchia si è risolto il problema. Sui migranti vogliamo vedere i fatti”. Sulle politiche economiche, il premier invoca poi un cambio di rotta. “Noi – ha dichiarato il presidente del Consiglio al termine del vertice – abbiamo bisogno di tornare a crescere come Paese, ma è l’Europa che deve tornare a crescere, abbandonando la politica dell’austerity“.
LE RASSICURAZIONI
Vi sono dunque un programma di lavoro e una guida: l’Europa è in difficoltà, come dice Angela Merkel, ma la strada è illuminata. Il vertice di Bratislava è stato di coesione tra gli Stati membri dopo lo shock del referendum sulla Brexit e di rassicurazione nei confronti delle opinioni pubbliche nazionali. Il programma dovrà quindi avere effetti reali e visibili a breve tempo, per rafforzare il consenso pubblico e consentire risultati accettabili e pro-europei alle prossime elezioni francesi e tedesche, ma anche austriache e del referendum italiano. Nel frattempo, altre sorprese e ostacoli potranno aggiungersi, dalle elezioni statunitensi al terrorismo e alle pressioni sul fronte orientale.
La guida tedesca del tandem franco-tedesco ne esce infine rafforzata, considerato il carico di lavoro che ha svolto nello spaesamento post-Brexit, nel conforto e confronto nelle istituzioni europee e con gli altri Stati membri. E’ una guida che testimonia una debolezza di leadership delle istituzioni europee, ma che oggi non è messa in discussione, salvo casi che tendono a restare isolati.
http://formiche.net/2016/09/17/che-cosa-non-si-e-deciso-bratislava/
17 settembre 2016